Basilico genovese DOP1, olio extravergine d’oliva (possibilmente della Riviera Ligure), Parmigiano Reggiano DOP (con variante Grana Padano), Pecorino DOP (Fiore Sardo), pinoli, aglio, sale: questi sono i sette ingredienti necessari per preparare il pesto alla genovese secondo la ricetta tradizionale e ufficiale (fonte: Consorzio del Pesto Genovese).
Quando non c’è tempo, tuttavia, molti consumatori ricorrono volentieri, di tanto in tanto, al pesto al basilico già pronto in vasetto. A differenza del pesto fatto in casa, quello industriale si conserva fino a due anni grazie alla pastorizzazione. Purtroppo però non senza effetti indesiderati: riscaldandolo, il basilico perde infatti colore, aroma e sapore, che i produttori cercano di compensare con l’aggiunta di aromi, addensanti e olio vegetale insapore.
La rivista italiana per la tutela dei consumatori "Il Salvagente" ha dedicato il test del mese, nell’edizione di luglio, al pesto di basilico in vasetto, analizzando 14 prodotti che si fregiano della dicitura “alla genovese”. I risultati del test sono deludenti.
I produttori si discostano in misura più o meno significativa dalla ricetta ufficiale del consorzio. Il pesto di Todis/Cuore Mediterraneo, ad esempio, contiene 11 ingredienti diversi dalla ricetta tradizionale, tra cui olio di girasole, yogurt, anacardi, farina di riso, fibre vegetali, aromi artificiali, un regolatore di acidità e un antiossidante.
Nei prodotti analizzati sono stati rilevati residui o tracce di principi attivi di pesticidi, per lo più fungicidi. Nel pesto di Eurospin sono stati trovati dieci principi attivi diversi, in quello di Todis nove, e nei pesti di Selex, Lidl e Polli otto ciascuno. Tutte le concentrazioni di pesticidi sono rimaste al di sotto dei limiti massimi consentiti per il basilico fresco2. Alcune erano persino inferiori alla soglia di rilevamento, quindi così basse da non poter essere quantificate analiticamente. Solo i due pesti biologici di Naturasì e Alberti sono risultati privi di residui di pesticidi.
Tracce di micotossine sono state invece rilevate in tutti i campioni. È quasi certo quindi che gli anacardi e i pinoli utilizzati ne siano contaminati. Tutte le concentrazioni rilevate sono rimaste al di sotto dei limiti massimi consentiti per gli alimenti per l’infanzia2; le concentrazioni più basse sono state riscontrate nel pesto biologico di Naturasì.
Con 9,8 punti su 10, il pesto biologico di Naturasì ottiene anche il miglior punteggio complessivo. All’ultimo posto, con 6,2 punti, si classifica invece il pesto di Todis. Il pesto di Barilla, con soli 6,5 punti, si colloca al deludente penultimo posto, a pari merito con il pesto di Eurospin.
Nel marzo 2025 la rivista svizzera per la tutela dei consumatori "Kassensturz" aveva già fatto analizzare 11 pesti al basilico in vasetto. Quattro di questi sono stati completamente bocciati dalla giuria e giudicati “insufficienti” dal punto di vista del gusto, tra cui anche il pesto Barilla. I restanti sette prodotti hanno ottenuto solo un “sufficiente”.
“Ancora una volta si dimostra che gli alimenti industriali presentano numerosi svantaggi”, afferma Silke Raffeiner, nutrizionista presso il Centro Tutela Consumatori Utenti. “Spesso sono altamente trasformati, contengono ingredienti innaturali e atipici, aromi artificiali, additivi alimentari, residui di pesticidi - in concentrazioni basse, ma in grandi quantità - e non hanno nemmeno un buon sapore”. Il miglior pesto è senza dubbio quello fatto con basilico non trattato, coltivato nel proprio giardino o balcone”.
1 DOP = Denominazione di origine protetta: tutte le fasi di produzione (coltivazione o allevamento, lavorazione, produzione) avvengono in un'area geografica definita secondo criteri specifici.
2 Per il pesto in sé non esistono quantità massime previste dalla legge.