La liquidazione dei buoni postali fruttiferi - il rebus dei rendimenti

CTCU: prima di incassare il controvalore, fate verificare il buono!

Al CTCU continuano a rivolgersi possessori di buoni postali fruttiferi (Bpf) sottoscritti anche molti anni fa, alle prese con il problema dei relativi rendimenti. In alcuni casi si tratta addirittura di buoni trentennali, scaduti a fine 2016 oppure di prossima scadenza, per i quali Poste Italiane pare non sia sempre disposta a liquidare ai legittimi possessori i rendimenti (tassi di interesse) riportati sul retro dei relativi titoli. Per questo motivo, gli stessi possessori si sentono incerti sul da farsi e prima di accettare la liquidazione di qualsivoglia importo, chiedono informazioni sul fatto se Poste debba attenersi o meno ai rendimenti riportati sul retro del titolo.

Premettiamo che la questione non è di facile sintesi e lettura, per via delle differenze riscontrabili fra serie e serie di buoni emessi, sia perché la giurisprudenza non è uniforme nelle decisioni e contano molto alcune circostanze, sulle quali si vuole qui offrire qualche punto fermo di interpretazione.

A) Buoni postali delle serie M, N, O, P e Q

Per i buoni postali fruttiferi con la serie M, N, O, P e Q è applicabile il D.L. n. 460 del 1974, che ha introdotto la possibilità di variare i tassi di interessi riconosciuti dai buoni postali anche successivamente alla loro emissioni tramite decreti ministeriali. Lo scopo di tale norma era di adeguare i tassi d'interesse dei buoni emessi all'andamento dei tassi sul mercato. Nei primi anni, successivi al 1974, i tassi di interesse di alcune serie furono anche aumentati con rispettivi decreti, ma con il D.M. del 13/06/86 (rilevante soprattutto per la serie Q) è stata prevista una diminuzione dei tassi delle serie emesse in precedenza. Tale decreto ha, inoltre, convertito tutti i buoni delle serie precedenti (M, N, O e P) in buoni della serie Q a partire dal 01/01/1987. Per quanto si è potuto verificare, per i buoni venduti ai risparmiatori prima di tale decreto ministeriale, presso vari tribunali e anche collegi dell'Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è riscontrabile la tendenza a dare ragione a Poste, e quindi ad affermare il principio che sia corretto liquidare i buoni giunti a scadenza con i tassi fissati dal decreto, inferiori a quelli che appaiono riportati nelle tabelle sul retro dei titoli.

Si evidenziano tuttavia anche sentenze dove Poste è stata condannata a rimborsare gli interessi come riportati sul titolo cartaceo, e ciò principalmente in seguito ad un'importante particolare: che i buoni fruttiferi siano stati venduti dopo il decreto 13/06/1986 e sui titoli non siano stati apposti timbri che indicassero rendimenti diversi da quelli riportati sul retro dei titoli stessi. Per tali tipologia di buoni postali, la giurisprudenza (costante), come anche l'Arbitro Bancario Finanziario sono orientati a dare ragione ai risparmiatori e quindi a condannare Poste a liquidare con i rendimenti indicati sui buoni.

Allo stato, almeno per le serie M, N, O e P, occorre distinguere quindi due casistiche:

  • per i buoni postali venduti prima del decreto del 1986, varrebbero i rendimenti fissati dal decreto del 1986 (e quindi non varrebbero i rendimenti riportati nella tabella sul retro dei titoli);

  • per i buoni postali venduti dopo il decreto del 1986, varrebbero i rendimenti riportati sui buoni oppure quanto indicato dall'apposto timbro eventualmente apposto sul buono.

Vi è da rilevare tuttavia come, di recente, il Tribunale di Bergamo, con tre sentenze pubblicate nel febbraio scorso, abbia posto l'accento sul problema della trasparenza nell'informazione di eventuali modifiche dei rendimenti da parte di Poste. In sintesi, le due sentenze hanno accolto le richieste dei risparmiatori motivando che Poste Italiane non avrebbero provveduto a fornire la prova dell'avvenuta informazione riguardante il mutato rendimento dei titoli tramite affissione nei singoli uffici postali, come espressamente prescritto dall'art.17 del Dpr 156/1973, nel testo modificato dal Dl 460/1974. Non basterebbe cioè la sola pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale per rendere edotto il consumatore delle modifiche intervenute.

B) Per altre serie di buoni oggetto di contenzioso (vedi serie: AA, AC, AD, AF, AG) la giurisprudenza (Cassazione e ABF) è invece univoca nell'accogliere le richieste dei possessori dei titoli. In genere, questi casi sono riconducibili ad errori degli addetti allo sportello che, all'epoca, avevano consegnato e venduto buoni postali fruttiferi non più in vigore. A volte si tratta di rendimenti assai cospicui, che prevedevano il raddoppio o addirittura la triplicazione del valore capitale del buono al decorrere di determinate scadenze. In tutti questi casi vale il principio del legittimo affidamento del risparmiatore verso i rendimenti riportati a tergo del documento cartolare. Giá qualche anno fa, un consumatore, assistito dal CTCU, era riuscito ad ottenere dal Tribunale di Bolzano il rimborso dell'intero valore del buono con interessi, dopo un contenzioso durato oltre tre anni.

I consigli del CTCU

Ai risparmiatori che volessero intanto riscuotere il buono giunto a scadenza consigliamo alla dichiarazione liberatoria che viene fatta firmare da Poste, la seguente importante precisazione: “La presente somma viene riscossa non a saldo di quanto dovuto, ma a mero titolo di acconto sulla maggior somma dovuta”.

I buoni postali fruttiferi sono riscuotibili entro 10 anni dalla loro scadenza naturale (cd prescrizione).

Per tutti coloro che fossero alle prese con dubbi e domande riguardo la liquidazione del controvalore di buoni postali scaduti di recente o in prossima scadenza, il CTCU mette a disposizione il suo servizio di prima consulenza, previa fissazione di un appuntamento allo 0471-975597.

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