Il Consiglio di Stato chiarisce le regole per l'imballaggio di frutta e verdura sfusa con i “bioshopper”

I consumatori possono portare i propri contenitori a patto che siano adatti all'uso


Dopo un iniziale grido d'allarme a gennaio, sul presunto obbligo negli esercizi commerciali di imbustare frutta e verdura sfusa in sacchetti di plastica speciali, biodegradabili e a pagamento, la questione, almeno a livello mediatico, si era piuttosto ridimensionata.

Dietro le quinte però, i dispositivi legali hanno continuato a lavorare, e ora sembra ci siano buone notizie, non solo per i consumatori, ma anche per l'ambiente. Il Ministero della salute, infatti, aveva richiesto un parere ufficiale al Consiglio di Stato: voleva sapere se ai consumatori fosse permesso l'uso di sacchetti di plastica portati da casa e a quali condizioni ne fosse consentito l'uso.


Buone notizie per l'ambiente

Tuttavia, il Consiglio di Stato (n. 859 del 29.03.2018) è andato oltre una semplice risposta alle domande del Ministero della salute. Nel parere di 13 pagine, i giudici dichiarano che, nel valutare le richieste del Ministero, non si può prescindere dal fine ultimo che il legislatore si era prefissato, attraverso l’introduzione della misura che prevede la necessaria onerosità delle borse di plastica in materiale ultraleggero: combattere la dispersione nell'ambiente del materiale plastico.
Inoltre, visto che i sacchetti devono essere pagati individualmente, sono a loro volta dei beni autonomamente commerciabili, e quindi non possono essere sottratti alla logica di mercato. In questa prospettiva, è dunque coerente con lo strumento scelto dal legislatore, la possibilità per i consumatori di utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti al di fuori degli esercizi commerciali nei quali sono destinati ad essere utilizzati. Secondo la medesima prospettiva, di conseguenza, non pare possibile che gli operatori del settore alimentare possano impedire tale facoltà, a condizione che le borse soddisfino i requisiti previsti per legge.
Tuttavia, l'obbligo di pagare i sacchetti mira anche a ridurre l'uso di materiali inquinanti, incentivando - ad esempio - l'uso dei sacchetti di carta: “Ne deriva che deve certamente ammettersi la possibilità di utilizzare – in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizione, a pagamento, nell'esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quali frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore; ...”. Inoltre, sempre secondo gli standard ad oggi applicabili, determinati alimenti non richiederebbero neppure l'uso di sacchetti.


Il grande "ma"

Tutto ciò, sottolinea il Consiglio di Stato, è subordinato al fatto che le imprese sono responsabili dell’integrità e della sicurezza dei prodotti che sono venduti all’interno di un esercizio commerciale. L’operatore del settore alimentare deve sempre e comunque garantire che gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, nonché verificare che tali disposizioni siano soddisfatte. Ne consegue che ciascun esercizio commerciale sarà dunque tenuto a verificare l'idoneità e la conformità alle norme dei sacchetti utilizzati dal consumatore, secondo le modalità ritenute più appropriate, indipendentemente dal fatto che questi siano messi a disposizioni dall'esercente stesso o reperite in autonomia dai consumatori.


Che cosa significa in pratica questa decisione?

Innanzitutto non sussiste il "dovere di acquistare il sacchetto" - frutta e verdura come meloni, banane o gli asparagi, star di stagione, possono essere acquistati sfusi. Secondo, è permesso portare i sacchetti da casa, l'importante è che siano conformi agli standard previsti: devono essere, ad esempio, sacchetti di carta appositamente realizzati per uso alimentare. La situazione è più complicata per eventuali altri tipi di contenitori riutilizzabili, come ad esempio le retine - qui dipenderà molto dalle decisioni discrezionali del rivenditore. Al CTCU siamo certi che molti consumatori desiderano acquistare frutta e verdura in contenitori riutilizzabili che siano rispettosi dell'ambiente.
È auspicabile dunque che la protezione dell'ambiente - come sottolinea il Consiglio di Stato - sia più importante dei cavilli burocratici. E che con questa decisione scompaiano dagli scaffali frutta e verdura preconfezionate, rapidamente cresciute dall'inizio dell'anno.

 

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